#leggersi

Arrivano i primi caldi, e come una nave bolsa e maldestra nel Canale di Suez mi incaglio tra le pagine. Scritte, lette, un po’ tutto: è come se persino le parole mi facessero sudare, e invece di nutrirmi di idee e frasi e discorsi mi trovassi con un panino al salame in mezzo al deserto.

Il lockdown, certo, l’assoluta mancanza di stimoli di qualsiasi tipo, la fiacca latente e le giornate asfittiche. Tutto concorre, sicuramente. Ma un ritmo da cinque o sei pagine al giorno è davvero imbarazzante, soprattutto per lo spirito con cui le affronto: dai, su, almeno quelle, e sfoglialo ‘sto libro Daniele, o Goodreads ti sgrida. Viene da mettersi le mani in quei quattro capelli che mi rimangono – e pure troppo lunghi, mannaggia al DPCM che mi ha chiuso i barbieri prima che facessi in tempo a passare a trovarne uno.

Per fortuna sono un privilegiato, posso vantare la presenza in casa di un quasi settenne che invece di lettura è affamato: non è la prima volta che mi viene in soccorso sulle pagine di Read Your Life, quasi quasi cedo la rubrica a lui.

Insieme abbiamo un doppio canale di lettura che ultimamente si sta facendo sempre più fitto, denso, intrecciato. Se da un lato non smetto di leggergli storie che a una lettura privata gli andrebbero ancora troppo larghe, dall’altro ora è lui a leggere a me pagine e pagine che lo stanno appassionando; il mio ruolo, in questo caso, è di fare il vocabolario vivente da consultare per i termini inconsueti o complicati in cui va a sbattere. È un’esperienza pazzesca, non mi era mai capitato (ovviamente) e la cosa buffa è questa: i libri che gli sto leggendo sono nuovi anche per me, avrei dovuto affrontarli un bel po’ di anni fa, e ora per fortuna posso recuperare le carenze; viceversa, le sue letture in autonomia sono state le stesse mie alla sua età, e riscoprirle è una gioia per la passione, rinata la mia ed emozionata la sua.

In questi giorni, per dire, non si dorme senza prima aver passato un po’ di tempo in compagnia di Harry Potter e la pietra filosofale. Lo so cosa state pensando: “non l’ha letto?”. No. Capita. In fondo, come diceva Troisi, i libri sono milioni di milioni e io a leggere sono uno. Comunque me lo sto godendo alla grande, svicolando tra gli spoiler che mio figlio è tentato di gettarmi ogni tre righe perché lui il film l’ha visto, e niente: vederlo emozionarsi per le cose che ritrova nel libro è una vera bellezza, e condividere questo entusiasmo è un ottimo rimorchiatore per navi cargo arenate.

E la sua lettura personale? Oh, di quella sono piuttosto fiero, e so che da queste parti scantona pericolosamente off topic, ma chi lo ha vissuto sa che se parliamo di buone pagine, non c’è molto in giro che gli sia superiore. Parlo dell’infatuazione che prende pressoché tutti, prima o poi: il Topolino. Ah, che meraviglia! Storie a un grado di complessità semplice ma mai banale, personaggi tagliati un po’ con l’accetta ma sufficientemente malleabili per garantire pluralismo di emozioni, ogni genere letterario rappresentato con simpatia e umorismo. E soprattutto, un linguaggio importante, evoluto eppure comprensibile, in cui si preferisce sempre il sinonimo meno banale. Vedo il mio settenne costruirsi, nuvoletta dopo nuvoletta, un bagaglio di terminologia che lo accompagnerà per sempre.

E io con lui, “costretto” a ripassare, ripescare, ritrovare e tanti altri “ri-” affascinanti e utili.

Fatevi un favore, andate a comprare un Topolino e divertitevi sulle sue storie: ci troverete la stessa freschezza e la stessa voglia di osare che l’ha contraddistinto per decenni.

Non trascurate la bellezza della lettura condivisa e a voce alta: arricchirà di sfumature tanto quel che leggete, quanto la vostra abilità nel dialogo e nel racconto.

Infine – così completo il pacchetto dei consigli non richiesti – fatevi leggere pagine nuove, vivetele da uditori. Si dice tanto del dare, ma poco del ricevere: non si è mai troppo adulti per farsi raccontare una storia.


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