#viveresenzacultura

Siamo tutti un po’ preoccupati, nel mondo dei libri, di questo assalto alla cultura, allo studio, all’istruzione. Delle vecchie accuse di elitismo e delle nuove accuse di inutilità.

Paradossali in un mondo in cui la tecnologia è sempre più parte di qualsiasi lavoro, e richiede un minimo di competenza e alfabetizzazione. E in cui la complessità dovrebbe spingere tutti a studiare per capire.

Non è tanto che noi del mondo dei libri ci sentiamo minacciati nel nostro lavoro.

Magari!

In realtà è perché sappiamo quanto sia frustrante e deprimente non sapere.

Quanto faccia arrabbiare non avere le parole per dire quello che proviamo.

Quanto possa essere umiliante sentire qualcuno che parla di cose di cui non capiamo niente.

Credo che sia quest’ultimo aspetto, il più pericoloso.

Perché da quel senso di umiliazione privato e personale, invece di trarne la necessità di documentarsi e studiare, si può passare all’accusa verso chi sta parlando, come se fosse lui che non si fa capire. Deliberatamente, magari.

Eppure è solo studiando che l’uomo ha inventato la ruota, l’agricoltura, l’elettricità, i computer.

Osservare, cercare, provare, fallire e riprovare.

Questo è studiare.

Non c’è in nessun libro, in realtà. E c’è un po’ in tutti i libri.

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