Conoscevo Nuto Revelli come un nome importante, più o meno lassù nell’Olimpo della letteratura di valore, tra Fenoglio e Pavese. Nume tutelare delle mie parti, il Piemonte, a bagno nella ricostruzione del dopo guerra, maestro di scrittura e di ricerca sociale. Ma, lo confesso, non ne avevo letta nemmeno una riga. Stavo ormai perdendo le speranze sul colmare questa lacuna, troppi impegni, troppi altri libri sul comodino da smaltire, troppa vita, troppe saghe familiari da proseguire. E invece, c’è da dire che quando un libro ti cerca sa come trovarti così come certi incontri letterari che devono accadere alla fine accadono. E così è successo a me, qualche giorno fa. Complice un anticipo di vacanza, a metà tra il lavoro e il riposo, nel cuneese, in una deliziosa cittadina di montagna chiamata Entracque.
Certe domeniche, qui, c’è un mercatino che travolge di colori e profumi il centro del paese e, a volerle vedere, si trovano alcune perle preziose. A me è proprio saltato sotto gli occhi un libro, un’edizione Einaudi del 1985, che all’epoca costava L.18.000 e che oggi i tenutari della bancarella di modernariato mettevano a 10 Euro scritti tondi a matita sull’ultima pagina del poderoso volume dal titolo L’anello forte. La donna: storie di vita contadina di Nuto Revelli. Era davvero destino, come si dice in questi casi, di scoprire finalmente Nuto Revelli e proprio nei suoi luoghi. Nato a Cuneo nel 1919, dice la quarta di copertina, “Nuto Revelli si batte da anni con appassionata tenacia per dare voce all’Italia che non conta, agli emarginati, ai dimenticati di sempre: dapprima i reduci di tutte le guerre, poi i contadini delle campagne più povere”.
Ora il libro campeggia intonso tra le mie mani. Si tratta di una raccolta di numerose testimonianze, trascrizioni dal magnetofono, di storie di famiglie contadine narrate dalle voci femminili. Donne del Sud Italia che hanno sposato i contadini delle Langhe e da questo connubio sono nate tradizioni, nuovi mondi e linguaggi. Siamo negli anni Sessanta del miracolo economico industriale che però schiaccia le piccole realtà contadine e l’autore, con la sua sensibilità acuita, sente di doverne dare voce prendendosi tutto il tempo necessario, ascoltarne i racconti, trasferirne le storie di sguardi femminili sulla carta, fino a noi. “Credo nei tempi lunghi, credo nei lavori di ricerca che richiedono non poca umiltà ed altrettanta pazienza […]. È la grande disponibilità della donna a parlare, a testimoniare, che mi rinfranca”.
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