Qualche anno fa, un film per la TV prodotto dalla RAI ruotava intorno ad un locale storico, ovviamente fittizio, in cui tempo addietro suonavano i migliori artisti del momento. Era in grossa crisi e rischiava di chiudere, la famiglia che lo gestiva non sapeva che pesci pigliare, mi pare ci fosse una mezza storia d’amore in sottofondo. Alla fine, nientemeno che Emma Marrone teneva lì un concerto e magicamente la sala tornava agli antichi fasti; immagino che Vasco o gli Stones costassero troppo, vabbè.
Tanto confesso: non l’ho visto, non ce l’avrei mai fatta. Però mi sono gustato le scene girate intorno al locale, perché ehi: era la discoteca di fronte a casa mia! Ora è stata abbattuta, ironia della sorte, per far posto a un sovrumano condominio di lusso che non c’entra un fico secco con la zona; nel film, però, casa mia compariva chiaramente due o tre volte e beh, vista l’occupazione quasi militare dell’isolato durante le riprese mi sono sentito un po’ ripagato. Fa ridere pensarci, lo so. Poi la folla che corre sotto al portone del mio caseggiato per correre incontro a Emma è ehm indimenticabile per livello di trash. Ma, immagino inevitabilmente, mi sono sentito un po’ orgoglioso di quelle riprese. “Ehi, ci sono anche i miei muri!”. Che onore, eh. Dai, ognuno gonfia il petto come può.
Perché tutto questo preambolo? Perché l’altro giorno mi è accaduta la medesima situazione, ma stavolta tra le pagine del libro che sto leggendo. Si tratta del celebre “Nel mare ci sono i coccodrilli“, di Fabio Geda e Enaiatollah Akbari: mi vergognavo molto di non averlo ancora letto, e quando ho visto che proprio in questo periodo esce un nuovo volume dei due ho pensato che fosse il momento giusto per colmare la lacuna.
Del libro si sa già tutto: Enaiat ha avuto una vita complicatissima, rocambolesca, una storia di fuga e di salvezza che andrebbe letta e riletta ovunque, soprattutto oggi – passano gli anni ma l’attualità della sua vicenda è ancora scintillante.
Se non l’avete ancora affrontato e voleste farlo… continuate pure con questa lettura, perché non vi spoilererò nulla: sono ancora a metà, me lo sto centellinando con cura, da tanto è appassionante. Ma vi racconto questo: ad un certo punto, Enaiat parla di una scuola, in cui lui non poteva entrare. Si fermava ogni giorno fuori dalle mura per ascoltare gli altri bambini a ricreazione, e la cosa lo emoziona e lo fa volare con la fantasia. Geda, a questo punto, prende la parola: anche lui, scrivendo, ascolta spesso i bambini della scuola sotto la sua finestra giocare e fare il gioioso baccano che ogni istituto durante la pausa regala al vicinato. Ehi, un momento. Io lo so di che scuola parla, perché abitavamo a due passi… è quella sotto casa mia! Anche io partecipo acusticamente al loro divertimento, anche io ogni tanto li vedo in aula, anche io… cavoli. È una sciocchezza? Forse, ma mi sono emozionato tantissimo. Persino più che vedere le immagini in televisione. Probabilmente perché, come dice lo stesso Geda, sentire è più forte che vedere. Beh, non mi era mai capitato di trovare “casa mia” in un libro, ed è una sensazione speciale che auguro a tutti.
A voi è mai accaduto? Avete un volume che per qualche motivo parla proprio dei vostri luoghi e in cui vi riconoscete?
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