Una decina d’anni fa, durante un trasloco, tra gli oggetti abbandonati dei precedenti inquilini dell’appartamento in cui sarei andata a vivere con la mia famiglia, ho ritrovato un plico di lettere.
Era il 2004 e i vecchi abitanti dell’alloggio erano mancati uno dopo l’altro, una coppia senza figli, lui medico e lei maestra. Tutto avrei immaginato tranne di potermi affezionare a queste due persone e ricordo di averci messo un po’ a superare l’imbarazzo di leggere le lettere che Luigi ha spedito a Mariuccia tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta in un’Italia messa in ginocchio dalla guerra. Attraverso viaggi, separazioni dolorose e riunificazioni tanto attese, litigi e riappacificazioni piene di emozione, nostalgia, incoraggiamenti e paure raccontate da una scrittura fitta e difficile da decifrare, pian piano ho rivissuto la loro storia d’amore dal fidanzamento, al matrimonio, al tentativo di adottare una bambina. Una storia che tiene duro, sotto i bombardamenti quando le comunicazioni si fanno sporadiche, piene tanto di angoscia quanto di amore. Una storia di persone normali che nessuno avrebbe mai potuto ascoltare se non ci fossero state queste pagine ricche di parole a lasciarcene qualche traccia.
Così ho cominciato a riflettere sulla bellezza di un gesto senza tempo: scrivere alle persone.
Col rischio di apparire retorica, ho percepito in un colpo quanto oggi questa abitudine si sia persa ma in una maniera strana: non abbiamo abbandonato infatti l’abitudine di scriverci, semplicemente l’abbiamo enfatizzata così tanto da renderla invisibile. Noi in effetti ci scriviamo, ci rispondiamo all’istante, e se non riceviamo risposta, pazienza, abbiamo altre migliaia di persone sui social network pronte a recepire i nostri messaggi. Messaggi che sono diventati talmente tanti e talmente diffusi che un po’ hanno perso la loro consistenza.
Che sia un male o un bene non ci è dato saperlo ma una cosa – ho pensato sfogliando le lettere di Luigi per la sua “Mariuccia cara” – forse possiamo farla. Possiamo provare a leggere i romanzi epistolari che la letteratura ci ha regalato o le raccolte di lettere degli scrittori. Questa abitudine è un po’ un rituale per me, mi fa sentire, come lettrice, vicina agli esseri umani che hanno creato le opere che ho amato, e li rende più accessibili.
Vorrei consigliare quindi ai lettori di Read Your Life due raccolte di lettere e un romanzo epistolare che hanno colpito ed emozionato me per prima e spero molti di voi: le Lettere di John Fante, soprattutto quelle alla mamma commuovono e sorprendono. Carta carbone, lettere agli amici scrittori di Julio Cortàzar. E infine consiglio di tornare un po’ indietro con la memoria e andare a riprendere una lettura che solitamente si fa ai tempi della scuola ma che merita un rivisitata da adulti: il romanzo epistolare I dolori del giovane Werther.
Se poi dopo tutto questo leggere vi verrà voglia di scrivere, potete mettere mano a carta e penna oppure comporre una lettera digitale mettendoci un po’ più di attenzione e concentrazione del solito e vedere l’effetto che fa.
L’ emozione di aprire e leggere una lettera credo sia impagabile, almeno io credo sia cosi’. Internet ci ha tolto il piacere scrivere e leggere, scrivere con la nostra grafia e scoprire le grafie di chi ci scrive, se ci si riflette mettevamo piu’ attenzione a cio’ che si scriveva e si leggeva. Ora e’ tutto veloce, anzi velocissimo, abbiamo perso il rileggere
e il riscrivere, abbiamo guadagnato tempo, ma perso in riflessione.
Ora rischio di contraddirmi, ma l’ articolo di Noemi Cuffia mi ha fatto riflettere, quindi…..che dire…. non tutto e’ negativo!!!!!!!!
Cara Clara,
grazie mille, mi fa davvero piacere che il mio articolo sia stato uno spunto per recuperare un piacere così antico come la scrittura di lettere e in generale a penna!
Ti ringrazio e un abbraccio!