Ogni anno mi chiedo a che titolo, con quale diritto una persona qualunque come me possa pronunciarsi o esprimersi sul 27 gennaio, riconosciuto come Giorno della Memoria delle vittime dell’Olocausto.
Poi mi dico che se tutti ragionassero così la memoria sfumerebbe in breve tempo, calerebbe un superficiale, forse colpevole silenzio su quei fatti e sulla natura delle persone. Girarsi dall’altra parte rispetto a questo, con il passare degli anni, è una tentazione sempre più grande. Perché le nostre vite sono fatte di minuzie, di quotidianità che stanca e che coinvolge. Perché alzare lo sguardo, volgerlo indietro per osservare quel che è accaduto non distante dalle nostre città, ai nostri nonni o bisnonni? E la risposta è sempre la stessa: per coltivare la memoria che, come una pianta, con la sua ombra ci metta al riparo dal ripetere l’errore, noi nel nostro piccolo e la Storia con le sue diramazioni, con la sua complessità. Sull’Olocausto i testi sono innumerevoli, basta cercarli e le testimonianze, le voci sono sempre lì a disposizione di tutti per essere ascoltate in eterno. A me ha colpito molto un brano tratto da La zona grigia di Primo Levi che è una pietra miliare su questo argomento.
“Il privilegio, per definizione, difende e protegge il privilegio. Mi torna a mente che il termine locale, jiddisch e polacco, per indicare il privilegio era ‘protekcja’, che si pronuncia “protekzia” ed è di evidente origine italiana e latina; e mi è stata raccontata la storia di un “nuovo” italiano, un partigiano, scaraventato in un Lager di lavoro con l’etichetta di prigioniero politico quando era ancora nel pieno delle sue forze. Era stato malmenato durante la distribuzione della zuppa, e aveva osato dare uno spintone al funzionario-distributore: accorsero i colleghi di questo, e il reo venne affogato esemplarmente immergendogli la testa nel mastello della zuppa stessa. L’ascesa dei privilegiati, non solo in Lager ma in tutte le convivenze umane, è un fenomeno angosciante ma immancabile: essi sono assenti solo nelle utopie. E’ compito dell’uomo giusto fare guerra a ogni privilegio non meritato, ma non si deve dimenticare che questa è una guerra senza fine”.
Quello che possiamo fare in questo giorno noi credo che sia leggere e rileggere le testimonianze, ampliare lo sguardo e assimilare questi concetti, osservare le foto, trovare il coraggio di parlarne tra di noi e con le nuove generazioni come si tramandano i saperi più importanti per la prosecuzione dell’umanità su questa terra.
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