Dato che il mio articolo è il primo dell’anno, riprendo le 5 parole che ho scelto per il 2016, adattandole ai libri.
D’altro canto, se una parola ti suggerisce delle buone cose per la tua vita, come potrebbe non avere senso applicata alla lettura?
La prima parola è scegliere. Per chi con i libri ci lavora, come me, non è tanto facile. Spesso sembra che siano i libri a scegliere me. Però. Dato che volere è potere, c’è sempre uno spazio per i libri che leggo con l’unica ragione che ho voglia di farlo. Ma a ben guardare, che cos’è o da dove arriva questa voglia? Spesso è guidata dall’esterno: perché di quel libro parlano tutti, perché l’ha caldeggiato un amico, perché ha vinto un premio. Allora provare a scegliere seguendo solo quelle antennine che sono proprio solo mie potrebbe essere una bellissima cosa.
Cura è la seconda parola. Figlia dello scegliere, perché solo dopo aver davvero scelto si può fare con cura. Anche il leggere. Ovvero leggere meno ma meglio: non quella mezza pagina che sta arrivando l’autobus, o l’ancora una prima di spegnere la luce. Dedicare alla lettura un tempo degno. Questo potrebbe essere un buon proposito per il nuovo anno, vi pare?
Apprezzare è nato pensando alle piccole gioie della vita, quelle che spesso sottovalutiamo. E non lo facciamo anche quando leggiamo? Sempre in cerca della grandezza, del colpo di scena, dell’inaspettato. E se la bellezza di un libro si nascondesse in poche frasi, o nel semplice piacere di farci compagnia per qualche ora?
Fare la propria parte, un concetto per me fondamentale che sembra però poco applicabile ai libri. Eppure. Non si dice forse che i libri sono fatti dai lettori? Non solo che senza lettori non esiste il libro, ma che ogni lettore crea il suo libro. Allora cerchiamo di essere dei buoni lettori, nel 2016. Attenti ma anche gentili. Comprensivi. Affettuosi. Ben disposti…
E l’ultima parola è lasciare. Che sarebbe facile interpretare come lasciare il libro a metà se non ci piace. Cosa che possiamo fare e che abbiamo sempre fatto, anche prima che Pennac lo sancisse come diritto. O come bookcrossing: io lascio un libro a te e tu ne lasci uno a me. Alle volte sono intere librerie, che vanno lasciate. Non solo per problemi di spazio (i libri hanno questo difetto, si sommano e ingombrano), ma per liberare il cuore e l’animo. Quello che vale davvero di un libro, per noi, sta dentro di noi. Si deposita al momento della lettura, si consolida quando ne parliamo o lo ricordiamo, e poi resta. Diventa parte di noi. Si mescola con tutto il resto della nostra esperienza, rendendoci quegli individui unici che siamo. Vogliamo davvero qualcosa di più?
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