#quelchesiimparadailibri

Mi ha colpito molto, quest’estate, chiacchierando con mia nipote ventiseienne, sentirla dire che se non si legge si resta ignoranti e non si impara nulla. Lei è sempre stata una lettrice, ed è stata considerata la mia erede, da questo punto di vista. Perché diceva che le piaceva leggere, che le piaceva pensare di tornare a casa e mettersi a leggere.

Poi ha fatto degli studi scientifici, e poi si è trasferita dall’altra parte del mondo. E forse sarà stata la lontananza, o la nostalgia per la zia che le regalava i libri (e che non ha mancato di regalargliene quest’estate), ma insomma sentire dire così semplicemente e così chiaramente che se non si leggono dei libri non si impara nulla mi ha molto colpito.

Perché in realtà si passa molto tempo e si spendono molte energie a sostenere che ci sono tanti modi di imparare, che i libri non sono che uno di quei tanti modi.

Ed è sicuramente vero.

Però quando vado in libreria, quando scelgo un saggio perché c’è qualcosa che devo studiare, quando qualcuno mi chiede una cosa e io gli posso dire “guarda c’è questo libro in cui trovi quello che stai cercando”, in quei momenti penso davvero che non ci sono tutti questi altri modi di imparare se non dai libri.

I libri sono ancora i contenitori ideali della conoscenza, del sapere, dei pensieri, delle teorie e delle loro smentite. E sono perfetti. Accessibili, durevoli, compiuti.

Se ancora ci si chiede perché si dovrebbe leggere, si può rispondere che, se non lo si fa per il piacere di immaginare una storia, lo si fa perché dai libri si impara qualcosa che è difficile imparare in altro modo.

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