#ironiaeromanticismo

Sono, fin da quando ero adolescente, una grande estimatrice di quelle commedie inglesi romantiche ma niente affatto sdolcinate, piene di humour caustico e pungente, che ti fanno vedere tutto un po’ più rosa non perché ti indorino la pillola con circostanze ed eventi impossibili nella vita vera.

Sono quelle che ti mostrano le cose da una determinata angolazione, quelle che ti dicono che la vita può essere godibile e che ti ricordano quanto valga la pena provarci pur non celandoti la buona dose di lacrime, malumori e tragedie che ti toccheranno in sorte.

Diciamo che il mio atteggiamento è stato per un po’ più simile a quello di una fanatica che all’estimatrice, in particolare quando ho attraversato la fase da innamoramento per Hugh Grant.

Vi elenco alcuni dei miei classici preferiti: Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill, About a boy, Il matrimonio del mio migliore amico, Love Actually e, tra i più recenti, Questione di tempo.

Non è facile raccontare sentimenti e storie d’amore: si rischia spesso di sfociare nello stucchevole o nella banalità. Secondo me, nella cinematografia di oggi, la palma di splendidi narratori d’amore se l’aggiudicano Wes Anderson e Mike Mills con quel gioiellino di Beginners, senza la pretesa di esaurire l’argomento con questi due nomi.

Perché parlo di linguaggio cinematografico? Perché il libro di cui vi racconto me lo sono già immaginato come un film, per la vividezza con cui sono descritte alcune scene e perché l’autrice, secondo me, riesce a inserirsi in quel filone di commedie romantiche che non ammantano la vita di luccichii e falsità, ma che fanno bene al cuore e che emozionano in punta di piedi.

Il libro s’intitola Se tu lo vuoi e l’autrice è la mia concittadina torinese Valeria Fioretta, penna del bellissimo blog Gynepraio.

Le vicende sentimentali della protagonista Margherita sono narrate con le armi dell’ironia e dell’ottimismo, che non le permettono di cedere allo sconforto anche quando ce ne sarebbe ben donde.

Dopo essersi pianta addosso per un po’, infatti, Margherita si dà una bella scrollata e si rimbocca le maniche, riempiendo il suo tempo con qualcosa che la distragga e che la renda utile agli altri: grazie a una onlus che si occupa di fornire compagnia gratuita ai figli di genitori che lavorano d’estate, Margherita conoscerà Elisabetta, una bambina di nove anni che, con il suo sguardo fresco e scanzonato, la aiuterà a passare sopra a una storia finita e a ricominciare a vedere la vita con speranza .

Uno sguardo pungente, insieme a una protagonista credibile e che vorremmo come amica, aiutano a tratteggiare tutti i colori e le emozioni di una storia d’amore finita e di una che nasce: i dubbi, il vittimismo e il senso di colpa, la voglia di passare oltre e la paura di non farcela… Sentimenti da cui siamo passati tutti e che non è facile rievocare senza ricadere nel ricordo del dolore e dei pianti.

Non è semplice essere lievi senza essere banali o senza infiorettare la realtà: il sentimento prevalente che mi ha suscitato la storia è lo stesso che provavo al termine delle commedie di cui ho parlato all’inizio.

Un senso di serenità, di appagamento, la voglia di sorridere che si riassumono in una sensazione di calore nel petto e di rassicurazione.

La certezza di essere stati abbracciati da una storia che ci ha sollevato dai nostri affanni quotidiani e che ci ha fatto capire che la vita può essere di nuovo bella, non importa cosa ci sia stato prima o cosa ci sarà dopo, la sicurezza di poter tornare lì a farselo ricordare quando ce lo dimenticheremo di nuovo.

Perché a volte, stanchi di vedere le cose solo con il nostro sguardo parziale, nei libri cerchiamo proprio questo: un abbraccio, che ci comunichi che ce la faremo anche noi, che possiamo riposarci un attimo qui, sognando di questa storia e accumulando le forze che ci serviranno per ricominciare, dopo una delusione, a guardare la vita con un piccolo sorriso, ma soprattutto con ironia.

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