#dalpalcoscenicoallapaginascritta

Dal palcoscenico alla pagina scritta, il caotico e divertente percorso che mi ha condotto all’Annusatrice di libri.

Quasi ogni scrittore, se gli si domanda da quanto tempo scriva, risponderà con un laconico “Da sempre”, accompagnato da un sorrisetto che vuole sottolineare come quella sia l’unica risposta possibile.
Io non sono tra gli scrittori che possono vantarsi di aver scritto “da sempre”, la scrittura, o almeno quella narrativa, per me è stata un punto d’arrivo al quale sono approdata attraverso percorsi tortuosi, ma molto divertenti.
La prima passione della mia vita fu il teatro, nel quale incappai in tenera età e più precisamente alla scuola materna, quando suor Vincenzina, una donna meravigliosa che suonava per noi bimbi un pianoforte sgangherato e faceva il miglior teatro dei burattini che possa ricordare, mi diede l’opportunità di prender parte al Musical dei pulcini.
I ruoli ai quali noi piccoli attori potevamo ambire erano tre: la chioccia, i suoi pulcini e il coro, che come in una tragedia greca, accompagnava la vicenda.
Il ruolo della chioccia mi fu soffiato da una bambina dai boccoli castani (che tuttora odio), rimanevano pertanto la parte della corista, riservata però ai bimbi più grandi, e quella del pulcino, che avendo quattro anni mi spettava di diritto. Suor Vincenzina però, data la mia considerevole statura, mi suggerì di entrare a far parte del coro. Io rifiutai indignata: il coro doveva stare fermo sullo sfondo, mentre i pulcini imperversavano allegri, con le calzette arancioni e i cappellini gialli muniti di visiera a becco.
“Sono un pulcino!” gridavo pervasa dal fuoco dell’arte, e la suora, date le inoppugnabili argomentazioni, dovette capitolare.
Il giorno della recita il sipario si aprì, il coro attaccò il primo brano e la chioccia vedette – maledetta! – intonò un assolo richiamando la sua prole che, in fila indiana dal pulcino più piccino al più alto, fece il suo saltellante ingresso.
L’effetto fu: pulcino, pulcino, pulcino, struzzo!
Con la malagrazia tipica degli spilungoni, caracollai sul palco facendo scoppiare il pubblico in una gran risata.
Poteva derivarne un trauma infantile, e invece nacque la mia seconda passione: la comicità.
Negli anni seguenti coltivai le mie due passioni studiando recitazione, e incominciando a scrivere testi comici.
Ebbi l’occasione di scrivere – e talvolta interpretare – adattamenti teatrali di romanzi, commedie originali e molti monologhi di cabaret, che fu il genere scenico al quale finii per approdare. In parallelo a queste passioni, il teatro e la comicità, ne coltivai un’altra in maniera quasi ossessiva: la lettura.
Quando gli impegni della vita e alcuni rovesci della sorte, mi impedirono di proseguire la professione di teatrante, riversai il mio amore per la scrittura e l’umorismo in un blog dedicato alla comicità al femminile, che inaugurai nel 2013 e intitolai Patataridens.
Questo è stato il percorso, a dire il vero piuttosto caotico, che mi ha condotto a scrivere romanzi.

Nel mio romanzo L’annusatrice di libri, che uscirà per Fazi editore a fine febbraio, ho racchiuso tutte le mie passioni: l’amore per il libri e la lettura, il mondo dello spettacolo e l’ironia, che emerge in particolar modo dai dialoghi, un aspetto della mia scrittura che ho affinato col lavoro sui testi teatrali.
L’annusatrice di libri narra la storia di Adelina, una ragazza di quattordici anni che perde misteriosamente la capacità di lettura ma, altrettanto inspiegabilmente, acquisisce la facoltà di leggere con l’olfatto.
A contatto con un libro la protagonista percepisce aromi che proiettano nella sua mente storie e immagini; il suo olfatto è in grado di interpretare persino testi in lingue straniere e inespugnabili codici criptati.
La vicenda è ambientata a Torino nel 1957, ma le avventure di Adelina sono intervallate da frequenti flashback negli anni Trenta, che raccontano la gioventù e l’ascesa sociale di sua zia Amalia, che giunta a Torino nel 1934 per fare la modista, si ritrova, quasi per caso, a lavorare nel teatro di varietà. Ho ricostruito la vita dei teatranti degli anni Trenta, i dietro le quinte e i caffè “dopo teatro” non soltanto attraverso le ricerche storiche, ma anche e soprattutto grazie ai racconti di autentici reduci del teatro di varietà e di rivista, che ebbi modo di conoscere, ormai anziani, negli anni Novanta, quando recitai al loro fianco in qualità di attrice giovane.
Raccontare la loro vita di glorie e stenti, che tanto generosamente quegli attori, purtroppo ormai scomparsi, vollero condividere con me, è stato il mio modo per ringraziarli, e per far sì che il loro piccolo universo scintillante e malinconico, potesse rivivere attraverso le mie parole, così come, più di vent’anni fa, venne rievocato dai loro racconti.

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