#QuelCheRestaDiUnLibro

Recentemente ho avuto modo di pensare a quanto le letture possono essere importanti per trovare chi siamo, e a quanto i loro segni, anche quelli meno ovvi, continuino a guidarci nel corso della nostra vita, o a riorientarci quando ci siamo persi.

Vengo da una famiglia strana (ma chi non viene da una famiglia strana?) e mi sono appassionata alla lettura molto presto. Come tanti bambini e poi adolescenti, leggere era un modo bellissimo, socialmente apprezzato e legale per uscire dalla propria vita e viverne altre.

Un giorno mia zia mi ha regalato una serie di libri danesi, con protagonista una bambina indipendente, che viaggia per tutta la Danimarca con un taccuino in cui annota e disegna tutto quello che vede. Una bambina con una personalità decisa e inusuale. Una bambina orfana (e ogni bambino che abbia i genitori sogna di essere orfano) che anche quando ritrova i nonni nobili e ricchi decide che farà la veterinaria e salverà gli animali e il mondo.

Sia mia zia che mia madre avevano letto quei libri, non da bambine ma da ragazze. Chissà chi glieli aveva regalati. Erano stati pubblicati nel 1940, miracolosamente sfuggiti alla censura fascista (mentre non erano sfuggiti a quella nazista), e per quegli anni dovevano essere davvero rivoluzionari.

Mi sono bevuta i sei libri della serie. E quello che mi è rimasto di Bibi, e certo quello che mia mamma e mia zia mi volevano trasmettere, era un senso di indipendenza profonda e di coltivazione della propria differenza: mentre tutte le mie compagne avevano letto Piccole donne, nessuna che io sapessi aveva letto Bibi. Questo mi rendeva diversa. Non è facile essere diversi. Ma la verità è che ognuno di noi lo è, quindi tanto vale imparare subito a conviverci e ad apprezzarlo.

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