Tempo fa (per la precisione qui) vi parlavo di un libro che per me è importante per molti motivi, non solamente letterari: Cieli bambini, antologia di poesia per bambini curata da Livio Sossi che raccoglie decine e decine di autori capaci di parlare ai più piccoli in versi. Siete corsi a cercarlo? No, vero? Vi conosco, furfanti! Beh, non importa: alla seconda volta in cui ne leggerete so che riuscirò a convincervi.
Il fatto è che il mio rapporto con la poesia è sempre stato piuttosto scarno. Livido, direi. Nel senso che ho proprio preso un sacco di botte, tentando di avvicinarla. Non l’ho mai capita davvero, con quelle sequenze di termini faticosi da emulsionare e a capo che mi sembravano giochi da grafomane più che senso stretto. Sì, lo so, tranquilli: mi lascerò schiaffeggiare silenzioso. Me lo merito.
D’altronde, ditemi
se anche voi
scorrendo queste parole
esili
frammentate
scatenate
non vedete, d’acchito
un morbido baluginare
d’intenti poetici.
O no?
Ecco. Ovviamente non sono qui a perculare una forma e un linguaggio che hanno segnato la storia dell’uomo, anzi. Ma è un po’ come la musica: dire, appunto, ‘la musica’ connota la vaghezza indistinta di chi non sa di cosa sta parlando. E infatti, io di poesia non so un ciufolo.
Ultimamente è giunto quel momento (della vita di tutti? Chissà) in cui sto cercando tra i versi domande e risposte, in cui un pezzetto alla volta mi trovo tra i passaggi di una poesia. Che ovviamente non significa capirci qualcosa, anzi: diciamo però che quando smetti di rompertici la testa per tradurre tutto e lasci che le parole risuonino, semplicemente, accade che assaggi quel piatto che ehi, ha un odore tremendo e non ha un aspetto invitante per i tuoi gusti… ma va a finire che te ne scofani tre giri.
Insomma, ho scoperto un pezzetto alla volta le Szymborska, i Pavese, i Neruda, meraviglia su meraviglia. Un giorno però, cercando alcune cose, mi sono imbattuto in questa poesia:
ALLA LUNA II
Disabitata la luna?
Ma è lei il suo bianco abitante.
Condomina e casa
abitante e abitata
inquilina pallida
finestrella affacciata.
Bellissima, vero? Semplice, semplicissima, un po’ bambina nei giochi di allitterazione e in bilico tra gioco e malinconia. È di Vivian Lamarque, ed è solo una delle tantissime composizioni contenute in Poesie 1972-2002, una raccolta che ha il pregio di costare pochissimo in rapporto alla quantità di meraviglia che contiene (ma il difetto specchiato di essere stampata su carta igienica che neanche i vecchi romanzi da 1000 Lire degli anni ‘90). La sua produzione è quasi interamente composta di schegge poetiche dagli umori contrastanti – passione, tenerezza, affezione, sconforto, inquietudine – e dal lessico leggero ma significante; c’è tanto, tantissimo amore: fisico anche, ma soprattutto interiore, privato, eppure discusso. Un modo di esporlo che lascia senza fiato, e vale la pena citare un’altra composizione da Poesie dando del Lei, testo contenuto nella raccolta:
Caro Dottore
dentro il Suo cuore
c’è una barchetta
mi porti lontano
La prego Dottore
anche solo un’oretta
poi ritorniamo.
Io un po’ sorrido e un po’ mi commuovo. E un po’ ne invidio la dolcezza.
Ringalluzzito dalla possibilità di trovare anche io della poesia che facesse per me, ho chiesto, ho cercato, ho sfogliato, mi sono fatto prestare, mi sono soffermato a lungo sugli scaffali delle librerie e sulle bancarelle dell’usato nel settore specifico, ho anche rischiato.
E per quanto ci sia ancora molto, moltissimo che mi sfugge – quasi tutto, ehm – almeno ho tanti nuovi amici a tenermi compagnia e a tentare di leggermi la vita mentre io leggo loro.
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