Per tutti quelli che lavorano nei libri, arriva sempre il momento in cui qualcuno ci chiede un consiglio. Momento amato o temuto, a seconda delle persone e dei momenti.
Credo che a me piaccia, tutto sommato.
È un’arte difficile, in cui ovviamente aiuta il fatto di conoscerne tanti, di libri. Peccato che il rapporto tra i libri che si conoscono e i libri che esistono sia sempre sbilanciato. Più ne leggete e più vi rendete conto di quanti ne dovreste leggere. Le liste, le note, gli appunti di tutto quello che si vorrebbe leggere si espandono e moltiplicano per tutta la vita. E ogni volta che qualcuno vi chiede cos’hai letto di bello ultimamente o ancora peggio che cosa mi consigli di leggere, beh, in quel momento io sono abbastanza contenta.
Quando un libro mi piace davvero tanto, non vorrei incontrare il suo autore. Vorrei che altri lo leggessero. Subito. Ma non per discuterne. O magari anche sì. Ma soprattutto mi sento come un predicatore alla ricerca di proseliti, come uno che ha scoperto una cosa bella e la vuole diffondere più che può. Come uno che non può concepire che si possa continuare a vivere senza quella scoperta. Senza quel libro.
C’è sempre un grande rischio, nel proselitismo ma anche nel consigliare i libri. Quello che è piaciuto a me può lasciare totalmente indifferente un altro. Ogni libro è fatto per metà dal lettore e per metà dallo scrittore, e se la metà lettore è quella sbagliata? I lettori appassionati spesso giudicano le persone sulla base di quello che hanno letto… che non è certo un buon modo, ma tant’è.
Però quando azzecchi il consiglio, allora è una grandissima soddisfazione. Come aver fatto il regalo giusto, quello che il destinatario non sapeva di desiderare ma quando se lo è visto davanti ha capito che lo stava aspettando.
E quindi vale il rischio. Se mi chiedete di consigliarvi un libro lo farò. E pazienza se sbaglio.
Vuoi mettere se invece lo azzecco?
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