#UnDadoRotondo

Ci sono periodi, nella vita di un lettore, in cui di colpo tutto sembra fermo e bloccato. Nessun libro sembrerebbe più riuscire a entrare davvero nel cuore, ogni pagina sembra ripetersi e girare a vuoto sempre uguale a se stessa.

Naturalmente, è una sensazione irreale, perché la ricchezza delle esperienze – in letteratura come nella vita – è davvero molto vasta ed è impossibile esaurirla in un’esistenza sola. Dunque, si tratta di sbloccare queste percezioni e stati d’animo, e a volte accade per caso. Non a caso uso la parola caso: mi si perdoni il bisticcio di parole! Perché a me è successo con un dado.

Per antonomasia, i dadi esprimono l’aleatorietà, il fatto che non tutto può ricadere sotto il nostro controllo e tante volte è proprio dopo coincidenze millimetriche che può cambiare un destino. Certo, non mi sognerei di affermare che il libero arbitrio non esista, tutto al contrario. Eppure qualche volta accadono cose che sono simili a un tiro di dadi, o comunque molto difficili da decifrare, soprattutto quando si tratta di libri.

Insomma: è stato un dado rotondo, trovato nel bookshop di un museo torinese, non saprei proprio spiegare come, a farmi tornare alla mente un libro che ho molto amato: Grammatica della fantasia di Gianni Rodari. In questo libro, uno dei massimi scrittori per l’infanzia e non solo (vincitore del Premio Andersen e scomparso nel 1980), ha creato una sorta di inventario delle più svariate e incredibili tecniche di costruzione di una favola. Ma la cosa si potrebbe estendere a qualsiasi forma narrativa. Credo a questo punto che la mia “associazione mentale” tra il dado rotondo e questo libro sia scattata facendo tesoro di una delle tecniche presenti nel libro stesso: il binomio fantastico.

Una tecnica che consiste nell’abbinare due parole appartenenti a due aree concettuali molto lontane, se non opposte, e stare a vedere cosa succede. Beh, il dado e la rotondità non sono certo nozioni associabili. E invece c’è stato chi ha inventato questo oggetto. Il suo uso non sarà mai significativo, a mio modesto parere, e non sostituirà mai davvero il dado tradizionale. Però rappresenta uno spunto, senza cadere nelle forzature e nell’eccentricità a tutti i costi, per osservare la realtà, e quindi i libri e le storie, in maniera nuova e diversa. Ed ecco come ho ricominciato a guardare i libri (e la vita) con occhi nuovi.

2 Comments

  1. silvano
    10 Maggio 2016
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    Vero Noemi, a volte la mia bulimia di lettore si blocca ed è sempre il caso a farmi ripartire. Ho sempre cinque, sei, sette libri incominciati (sono uno di quei lettori che ha bisogno di variare, per cui sono sempre diversissimi tra loro), ma arriva un periodo in cui nessuno mi va più bene. Fermo. Dura una sera, un paio di sere. Poi mi capita lo “svitol”.l’altro ieri mi è capitato Carofiglio, “La regola dell’equilibrio2 e pur non piacendomi l’inizio, è servito a sbloccare il meccanismo. Via via la storia mi ha preso, l’ho terminato in un amen e ho ripreso tranquillamente a leggere gli altri. Spesso lo faccio apposta. Uso Simenon, come avessi bisogno ad un certo punto di Maigret, di Parigi, di un’atmosfera famigliare, anche se sconosciuta. Nei tempi passati ho utilizzato vari autori in tal senso, Montalban, Llosa, Steinbeck … Il libro di Rodari che citti l’ho dimenticato: so di averlo letto tanti anni fa. Lo riprenderò. Grazie!Ci si vede al Salone domenica!!Silvano

  2. silvano
    10 Maggio 2016
    Reply

    Scusa gli errori … lo smartphone è micidiale …

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